Ogni giorno arrivano notizie che raccontano storie di chi fugge da guerre e miseria. Di queste, però, solo pochissime si occupano di uno dei problemi che più coinvolgono chi fugge e chi ospita: la mancanza d’energia elettrica. Un recente studio, commissionato dalla Chatam House di Londra, ha evidenziato che, degli oltre 60 milioni di rifugiati al mondo, solo l’11 per cento ha accesso a qualche forma di illuminazione.

Un piccolo sole (che va ovunque)
Little Sun è una startup tedesca nata proprio per combattere questo problema. Ma come si può aumentare la diffusione dell’energia in questi territori di fortuna e disagio? Semplice. Basta puntare su energie rinnovabili e pratici device.
Così, l’artista Olafur Eliasson e l’ingegnere Frederik Ottesen hanno lanciato, nel 2012, una lampada speciale che funziona a energia solare: «È un modo per diffondere la luce dove non c’è» ha detto Olafur «Una luce pulita, affidabile, conveniente. Per oltre un miliardo di persone».

Il round d’investimento (da 5 milioni di dollari)
I due non sono gli unici ad aver creduto all’idea. Nell’aprile del 2014, infatti, Little Sun ha ricevuto un primo round di investimento pari a 5 milioni di dollari da parte di Bloomberg Philanthropies: «Ci ha permesso di migliorare la tecnologia e di scalare immediatamente. Abbiamo ampliato la nostra distribuzione arrivando a coprire molte aree del pianeta».
La lampada è già arrivata in Zimbabwe, Etiopia, Kenya, Senegal e Ghana. Ma è anche disponibile per l’Europa, il Canada e gli Stati Uniti, il Giappone e l’Australia, l’Indonesia e le Filippine. In un anno sono stati distribuiti più di 200mila pezzi: «Ho sempre pensato che la luce fosse ben più di una fonte di illuminazione. La vita e la luce sono di fatto inseparabili. Da diverso tempo, ormai, non intendo più lavorare solo nell’ambito di mostre e musei, ma fare qualcosa che mi permetta di usare la luce in modo più ambizioso e più utile per il mondo».
Una doppia missione: portare la luce e formare imprenditori
Oltre che diffondere il suo prodotto, il team persegue anche un’altra missione:formare giovani imprenditori locali e realizzare negozi e piccole aziende, legati alla casa madre, direttamente nei luoghi in cui c’è più bisogno di energia e quindi di lampade. Portare lavoro e tecnologie, trasmettere uno spirito affaristico, sviluppare delle succursali gestite da chi conosce i bisogni delle popolazioni locali, rafforzare le comunità combattendo povertà e immobilismo.
Come funziona (e quanto costa)
Questo sole dal diametro di 12 cm e dal peso di appena 120 grammi, è dotato di celle solari e di una batteria ricaricabile: con 5 ore di carica al sole si ottengono 10 ore di illuminazione “soft” o 4 ore di illuminazione “hard”. La batteria ha una durata di tre anni, prima che sia necessario sostituirla. Anche il costo cambia in base all’area in cui il compratore si trova. Circa 22 euro per chi vive in zone ben servite dalla rete elettrica; prezzi dimezzati o quasi nulli per chi vive nei cosiddetti paesi off-grid.
Sostituendo le lampade a cherosene con le lampade Little Sun, una famiglia può ridurre i costi di illuminazione del 90% nel giro di tre anni usufruendo allo stesso tempo di una fonte di illuminazione dieci volte più intensa nonché qualitativamente migliore.
In zone ancora così arretrate non è un elemento da sottovalutare. Sia in una situazione permanente, come accade in molti paesi dell’Africa, che in zone provvisorie, come i campi profughi: «Little Sun illumina i gesti della vita quotidiana come cucinare, mangiare, leggere, scrivere, vedere e osservare; ma anche opportunità di studio, incontro, fruizione estetica, lavoro e commercio».
E anche se i giornali non ne parlano, il problema è assai sentito. Numeri così allarmanti hanno spinto ONU e Banca Mondiale a lanciare un programma specifico, Sustainable Energy for All, per portare la rete elettrica in tutte le aree abitate del Pianeta entro il 2030. Intanto, però, c’è chi lo fa autonomamente unendo arte, imprenditorialità e generosità.